Ogni volta che un collaboratore se ne va, l’azienda perde qualcosa di più di una risorsa: perde tempo, energia, competenze e spesso anche fiducia interna. Il turnover non è solo una questione di numeri o di costi. È una questione profondamente umana. Ed è qui che entra in gioco una verità tanto semplice quanto trascurata:
le persone lasciano le persone, non le aziende.
Dietro ogni dimissione c’è una relazione che non ha funzionato
Nel mio lavoro quotidiano con team, manager e imprenditori, noto spesso un pattern ricorrente: chi lascia non lo fa solo per un’offerta economica migliore o per una sede più vicina a casa. Lo fa perché si sente non ascoltato, non valorizzato, non guidato.
Molti leader pensano che basti una buona strategia aziendale o benefit accattivanti per trattenere i talenti. Ma dimenticano il cuore pulsante di ogni impresa: le relazioni umane.
Il peso della leadership relazionale
Una leadership efficace non si misura solo con i risultati, ma con la qualità delle connessioni umane che riesce a generare. Manager autoritari, poco empatici o distaccati possono innescare fughe silenziose, anche nelle organizzazioni più solide.
Un collaboratore può sopportare pressioni, sfide e persino momenti di crisi aziendale... ma difficilmente resterà dove non si sente visto né compreso.
Il ruolo del Mental Coaching nel prevenire il turnover
Come Mental Coach, accompagno le persone e le aziende a costruire una cultura del dialogo, della fiducia e dell’autenticità. Quando si lavora sul potenziamento personale e relazionale, il turnover cala in modo naturale.
Le domande che invito spesso a porsi sono:
I miei collaboratori sentono di potersi esprimere?
Quanto spazio lascio all’ascolto attivo?
Sto guidando o sto solo dando ordini?
Questi interrogativi aprono spazi di consapevolezza preziosi, da cui può nascere un nuovo modo di vivere il lavoro: più umano, più sostenibile, più efficace.
L’errore più comune: dare per scontate le persone
Un altro aspetto sottovalutato è la gestione della motivazione nel tempo. Molti manager si concentrano sull’inserimento iniziale, trascurando la cura delle relazioni nel lungo periodo. E quando una persona se ne va, ci si sorprende. Ma il seme dell’abbandono è stato piantato molto prima.
Conclusione: cambiare cultura, non solo processi
Per contrastare il turnover serve un cambio di paradigma: non basta migliorare l’ambiente fisico, servono relazioni autentiche e leadership consapevoli.
Le aziende che scelgono di investire nello sviluppo umano e relazionale dei propri team, affiancandosi a coach e formatori, non solo trattengono talenti: li fanno crescere.
Perché, in fondo, le persone non lasciano le aziende. Lasciano i capi, i colleghi, i silenzi, la mancanza di visione e di empatia.